il museo 'L ciär cerimonia inaugurazione I sotterranei del Castello di Castell'Alfero, abbandonati per molti anni alle insidie del tempo, sono stati parzialmente recuperati ed ora ospitano una mostra permanente di ambienti e momenti della difficile vita di un tempo: il museo 'L ciär, inaugurato il 1° settembre 2002. Il museo raccoglie migliaia di oggetti che costituiscono testimonianze della vita passata, contadinerie, giocattoli e ricostruzioni di ambienti casalinghi, scolastici, carcerari e di stalla. Ogni oggetto o macchinario esposto è stato accuratamente selezionato per la sua autenticità ed anche il più insignificante è stato ideato per un suo specifico impiego. Sarà interessante per i visitatore giudicare l’inventiva e la capacità manuale, pensando che queste cose sono state ideate e costruite quando l‘attrezzatura di oggi non esisteva. "Rifugiamoci nel ricordo delle cose del passato. Preziosità e memorie di una cultura ed una civiltà rozza ma intelligente, testimonianze genuine del secolare rapporto tra l'uomo, la terra e gli strumenti ideati per progredire. Non dobbiamo dimenticarle per farle sopravvivere." Dal libro "Prima che scenda il buio" La raccolta è stata allestita, nei locali messi a disposizione dall’Amministrazione Comunale, dall’Associazione “C’era una volta” di Castell’Alfero, grazie all’opera dei Signori Antonio Montesano, Mario Amerio e Francesco Cantino. Il recupero dei sotterranei, oltre al contributo del Comune, è avvenuto anche grazie alla realizzazione del nuovo impianto elettrico ad opera dell’Associazione “Senza Barriere” di Asti, su progetto del P.I. Andrea Pontacolone. Il percorso è arricchito dalle tavole sull’architettura e sulla storia dei sotterranei affisse in ogni locale a cura degli Architetti Elena Musso e Simona Paniati. Nell'immagine qui sopra vi è la mappa del museo con i locali numerati, ogni locale ha un tema ben preciso, spesso arricchito da una ricostruzione dell'ambiente d'epoca. 1 - LA SCUOLA Un tempo non era il problema più importante, anzi, se in una famiglia uno dei figli dimostrava attitudine allo studio, non era sicuramente ben visto, in quanto l’obiettivo del capofamiglia era avere al più presto una nuova forza da inserire nella struttura lavorativa e non uno studente inefficiente. Di conseguenza anche il maestro riscuoteva ben poca considerazione. La scuola allora aveva i suoi metodi (la bacchetta), ed i strumenti : il pallottoliere e la tavola pitagorica. Il problema del riscaldamento invernale era così organizzato: ogni bambino portava un pezzo di legno per alimentare la stufa. All’interno dell’aula, si può ammirare su un quadro, quale fosse l’ambiente scolastico di una volta. 2 - LA CANTINA Era l’ultima tappa di un lungo percorso continuamente insidiato da rischi e minacce come “la brina,l'marin, la filosera, la tempesta’, che in pochi minuti potevano neutralizzare tutto il lavoro fatto. Lavoro che iniziava in primavera nella vigna per finire a novembre in cantina, sempre che una delle citate calamità non lo facesse avvenire prima. Se tutto era andato bene si lavorava per fare il vino, importante risorsa economica. I vecchi attrezzi ed i macchinari esposti testimoniano ancora una volta l’ingegnosità dei nostri nonni. Quello che importava era ottenere del buon vino senza trucchi e senza inganni. Un buon bicchiere di vino genuino era addirittura ordinato dal medico. 3 - LE PRIGIONI Certo qui non venivano imprigionati assassini o grandi banditi, ma semplici poveracci, che il più delle volte erano coloni al servizio “del Signor Conte o Marchese o Signoria Illustrissima". Questi illustri personaggi non avevano poteri giuridici, ma gestivano autonomamente il loro territorio, amministravano i loro poderi, riscuotevano le tasse e giudicavano i piccoli reati, tenendo prigionieri i trasgressori per due o tre giorni. Era più che altro una sorta di umiliazione, ma in questo modo riuscivano a mantenere la loro autorità, spesso mal utilizzata imponendo delle regole e diramando proclami a volte assurdi, sempre a danno dei loro servitori. Per questo erano odiati e quindi costretti a pagare dei mercenari per la loro protezione. 4 - LA CUCINA Vano normalmente confinante con la stalla, sicuramente meno importante della stalla stessa. Il suo misero arredo consisteva in un tavolo chiamato “erca”, poche sedie e panche costruite a mano, padelle e pentole appese al muro e poche altre cose indispensabili per cucinare. Importante era il camino, unica fonte di calore e di luce. Solo in seguito il lumino ad olio, poi a petrolio e poi ancora la lanterna ad acetilene (miscela di carburo ed acqua) costituirono un sistema di illuminazione più moderno; poi anche la stufa contribuì a modernizzare l’arredo. Di importanza vitale era il pozzo, scavato a mano, anche per 20 o 30 metri, dove, tramite una carrucola si calava un secchiello agganciato a una catena per poi tirarlo in superficie pieno d’acqua. 5 - I GIOCHI I ragazzi di ieri ricorderanno con nostalgia, i ragazzi di oggi guarderanno con curiosità ed ammirazione. Quasi tutti i giocattoli esposti sono stati ideati e costruiti dai bambini stessi, che per necessità sviluppavano fin da piccoli genialità e capacità manuale, caratteristiche indispensabili da adulti per migliorare i propri attrezzi e macchinari. Si osservi uno di questi giocattoli preso a caso come simbolo:"l sciupat" (lo scoppietto) serviva a sparare delle pallottoline di carta masticata e faceva uno scoppietto, veniva usato preferibilmente a scuola, e portava dritto al banco dell’asino. Altro curioso giocattolino era il "carro armato" ottenuto con un rocchetto del filo da cucire vuoto ed un elastico. Poi il carrettino, ottenuto con una vecchia scatola di sardine alla quale si mettevano le ruote ed un timone, e così via. 6 - LA STALLA Di tutto il cascinale forse era l’ambiente più importante . Lì era custodita la ricchezza di tutta la famiglia. Una mucca o due costituivano la forza motrice per lavorare la terra, davano il latte da vendere e qualche vitello. Nella stalla vivevano senza spese aggiuntive anche "i prun" da mangiare nei giorni di festa. La stalla era l’ambiente più sfruttato in quanto era l’unico ambiente caldo: per le serate in compagnia dei vicini ("andè a viè"), per le ore di riposo, per le convalescenze dei malati. Nelle serate invernali gli uomini seduti sul "balot" giocavano a carte bevendo l’ultimo bicchiere di "pichetta", il nonno sonnecchiando raccontava ai bambini terribili storie di "masche" e poi sopra un po’ di paglia pulita "l' paiun" si addormentava definitivamente e lì passava la notte. La nonna faceva dire le preghiere della sera, "'l ben", " al masnà" e tutti a letto. 7 - 8 ATTREZZATURE AGRICOLE I bisogno aguzza l’ingegno. I macchinari e gli arnesi qui esposti confermano questa massima. L'uomo per il suo progredire ha continuamente inventato. Il suo "fai da te" non era un hobby ma un esigenza, e così via si è arrivati al trattore. Il suo impiego ha cancellato in brevissimo tempo tutto un sistema di lavoro che durava almeno da duecento anni. I vecchi macchinari ed attrezzi sono diventati un ingombro e quindi destinati a scomparire, quelli salvati già fanno parte della storia dell’agricoltura e sono diventati preziosi. Anche l’edilizia ha dovuto stravolgere i suoi progetti. Le nuove case sono completamente diverse dai vecchi cascinali, anche loro ormai quasi tutti ristrutturati. Le stalle sono diventate bellissime tavernette, i grandi fienili sono ampi scaloni, i portici sono ora utilizzati come locali per il trattore. Questo è il progresso! Ma non dimentichiamo quanto si è fatto per arrivare qui. Ricavato da: http://www.castellalfero.net/museo.htm
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